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16. NOVEMBRE -2017- 005- 873-Ero contrario, ma portai il Paese nell'euro

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16. NOVEMBRE -2017- 005- 873-

"Ero contrario, ma portai il Paese nell'euro"

Fazio ricorda: "Già all'epoca non avevamo i requisiti per l'accesso"

Roma - Negli anni Novanta era la punta di diamante degli euroscettici, che all'epoca erano quelli che non volevano che l'Italia entrasse nell'euro.

In realtà Antonio Fazio ebbe un ruolo centrale nell'ingresso nel primo gruppo di Paesi della moneta unica. A rivelarlo è lo stesso storico governatore di Bankitalia in un'intervista pubblicata nel numero di novembre della rivista Sfide della Fondazione Craxi.

Fazio ricorda un incontro tra banchieri centrali del 1997. La Bce aveva appena pubblicato il rapporto di convergenza dal quale emergeva che Italia non sarebbero dovuta entrare a causa dell'alto debito pubblico. «Mi ritrovai in questa difficile situazione: da un lato non avevamo i requisiti necessari per l'accesso all'Euro, dall'altro c'era in Italia la volontà politica di procedere».

Fazio era accompagnato da Carlo Santini, poi direttore dell'Ufficio italiano cambi, Vincenzo Pontillo e Fabio Panetta, oggi vice direttore generale della Banca d'Italia. Durante la riunione, emerse che l'Italia non poteva essere ammessa. «Fu allora che dissi: cari amici, dear friends, guardate che domani sarà questo il rapporto definitivo che sarà reso pubblico, con l'Italia esclusa dalla moneta unica. Beh allora considerate che domani se l'Italia esce, salta il sistema monetario europeo».

Al termine di quella riunione Fazio fu accusato da Jean Claude Trichet, governatore della Banca di Francia, di ricattare gli altri banchieri.

Un momento decisivo che ha visto Fazio in difesa dell'ingresso nell'Euro. «Io non ero d'accordo, non era un mistero, però la svolta spettava al nostro governo, che aveva a suo tempo deciso di rientrare nello Sme per poi partecipare all'Euro fin dall'Inizio».

Le ragioni dello scetticismo dell'ex governatore sono ancora valide. Allora Fazio parlò del rischio «bradisismo» per il sistema Italia. Un terremoto lento, che i successivi sviluppi hanno confermato. Fino al 2004 in Italia crebbe a dismisura il costo del lavoro per unità prodotta, mentre altrove aumentò poco. Poi crollò il Pil. «Lo svantaggio dell'Euro comincia prima della grande recessione». Risultato, «quello che è avvenuto in questi anni nel nostro Paese è peggio di quanto accaduto negli anni Trenta», quelli della grande recessione.

Altro snodo della politica europea il 2011. C'era il governo Berlusconi e lo spread salì oltre quota 500. La ricetta «imposta» da Bruxelles fu abbattere deficit e debito. «Abbiamo adottato una politica restrittiva quando l'economia era già in recessione».

Difficile trovare soluzioni oggi. Fazio indica una riduzione del costo del lavoro differenziata. Nel Sud «ieri come oggi, il costo della vita e la produttività sono nettamente più bassi che nel centro-nord. Non ha senso avere lo stesso costo del lavoro». Poi un «serio piano» di investimenti mettendo insieme le banche e «un po' di grandi imprese». In Europa la partita è con la Germania. I surplus commerciali di Berlino creano deflazione. «I tedeschi devono assolutamente spendere il loro surplus, se non vogliono farlo in Germania lo facciano in Europa». Una sfida difficile Più di quella, vinta, per fare entrare l'Italia nell'Euro.

16/11/2017