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11. Febbraio - 2018- 002- 981 -Di Maio lo smemorato: si tiene lo stipendio sino all'ultimo istante

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11. Febbraio - 2018- 002- 981 -

Di Maio lo smemorato: si tiene lo stipendio sino all'ultimo istante

Il candidato premier M5s stanga gli altri, ma lui ha fatto il bonifico solo tre giorni fa

Luigi Di Maio potrà sognare Palazzo Chigi ma dovrà rinunciare alla poltrona nel prossimo Parlamento. Se la legge dei grillini sarà uguale per tutti, il vicepresidente della Camera dovrà dimettersi il 5 marzo.

Seguendo l'esempio dei due colleghi parlamentari, Andrea Cecconi e Carlo Martelli, che hanno annunciato la rinuncia al seggio dopo che sono emerse incongruenze in merito alla restituzione di una parte dello stipendio di senatore e deputato.

Lo scandalo si allarga e travolge il capo politico del Movimento, che nella giornata di ieri ha promesso il pugno duro contro i furbetti: «Sarà verificato fino all'ultimo centesimo». La verifica comincia proprio dall'erede di Beppe Grillo. E pare che puntualità (nei rimborsi) e trasparenza non siano i piatti forti del repertorio di Di Maio.

Negli stessi giorni in cui è esploso il caso sulle irregolarità dei rimborsi di Cecconi e Martelli, soldi che i Cinque stelle dirottano su un fondo del Mise per finanziare il microcredito, Di Maio è scappato in banca per regolarizzare la propria posizione. Anche il numero uno del Movimento ha il braccino corto nella restituzione delle indennità. Solo due giorni fa (9 febbraio), il candidato premier ha ordinato alla banca di eseguire il bonifico per restituire la quota dello stipendio riferita ai mesi di ottobre, novembre e dicembre. Insomma, nelle ore in cui Cecconi e Martelli finivano sotto il fuoco, il leader del Movimento provava a mettere una toppa alla propria posizione. Il caso che investe direttamente l'enfant prodige, e che e svela la doppia morale grillina, desta sospetti innanzitutto sui tempi della restituzione. La prima anomalia: alla data del 9 febbraio, quando la grana era già di dominio pubblico, Di Maio non aveva ancora restituito le indennità. Eppure, l'8 febbraio, un giorno prima dei bonifici, Di Maio dal profilo Facebook elogiava il gesto di Cecconi e Martelli. Buoni esempi che si scontrano con i documenti pubblicati sul sito

Tirendiconto.it: 24 ore dopo il post, l'aspirante premier saldava, infatti, i rimborsi. Un ritardo che diventa imbarazzante, se confrontato con la puntualità di Paola Taverna: la senatrice del M5S ha effettuato il bonifico per la restituzione dello stipendio a gennaio, rispettando la tempistica grillina, senza attendere l'eco mediatico.

Perché Di Maio ha regolarizzato la propria posizione solo il 9 febbraio? Sicuramente, gli impegni della campagna elettorale avranno distratto il leader pentastellato. Un'inadempienza che la base, quella ortodossa, pare non abbia perdonato a Di Maio nel giorno delle parlamentarie: il candidato premier ha raccolto circa 490 voti mentre la Taverna più di 2mila. E nel mondo grillino c'è chi è pronto a scommettere che sia stato proprio il caso dei rimborsi a incidere sul risultato, non certo esaltante, per di Maio. Paolo Russo, deputato di Forza Italia e capolista alla Camera dei Deputati in Campania, invoca il giudizio dei cittadini: «Sono certo che questo rappresenterà un ulteriore elemento di giudizio da parte degli elettori che così avranno la possibilità di capire che i 5 Stelle predicano bene quando a sbagliare sono gli altri e razzolano male invece quando si tratta di loro. La verità ci dimostra che sono i primi ad incappare in quelle condotte che poi solo a parole giudicano riprovevoli. Altro che abolizione dei vitalizi, altro che rinuncia ai rimborsi spese».

Il braccino corto nei rimborsi pare sia un vizio per il leader grillino: il 14 dicembre 2017, alla vigilia del voto per le parlamentarie, il politico di Pomigliano d'Arco ha saldato con tre bonifici (datati 14 dicembre) i rimborsi dei mesi di luglio, agosto e settembre. C'è un altro aspetto della vicenda che suscita dubbi: gli importi. Basta spulciare le copie dei bonifici per verificare come la somma restituita cambi di mese in mese. Nel mese di ottobre, Di Maio ha riconsegnato 1819, 11 euro mentre a dicembre quasi il triplo (4040, 38). C'è chi invoca per Di Maio l'identico trattamento riservato Cecconi e Martelli: il deferimento al collegio dei probiviri e la rinuncia al seggio in Parlamento. Ma si sa, anche nel regno grillino, i capi meritano un trattamento privilegiato.

"Rimborsopoli" si allarga e manda in tilt i grillini

Il buco di 226mila euro non si può scaricare su due sole persone. E parte la caccia ai furbetti

I Cinque Stelle inciampano sui rimborsi. E per un movimento che si vanta di devolvere parte degli stipendi dei parlamentari al fondo per il microcredito alle imprese, è davvero una beffa.

Tra la somme che i grillini dichiarano di aver restituito e il denaro ricevuto dal ministero dello Sviluppo economico, che gestisce il fondo, c'è una differenza di 22 mila euro. I grillini, sul portale «Tirendiconto», dichiarano versamenti per 23.418.354, 52 euro. Secondo la tabella del Mise, la cifra è un po' più bassa, 23.192.331, 08 euro. Il Movimento prova a difendersi, scaricando la responsabilità su Andrea Cecconi e Carlo Martelli, i due parlamentari accusati di incongruità nelle restituzioni, e puntando il dito su presunti ritardi nella contabilizzazione da parte del Mise. Ma la frittata è fatta, e a meno di un mese dal voto i vertici fiutano il pericolo.

Una minaccia che si annida dentro e fuori i confini. A Bruxelles, infatti, tiene banco la vicenda del capo della comunicazione dei pentastellati all'Europarlamento, Cristina Belotti, accusata di aver utilizzato i rimborsi europei per seguire la campagna elettorale in Italia. Il nuovo capo politico sa che è in gioco la sua credibilità. E i toni duri utilizzati negli ultimi giorni nei confronti di Cecconi e Martelli, che rischiano l'espulsione, non sono casuali. «Sarà verificato fino all'ultimo centesimo sul caso rimborsi», ha assicurato ieri a Potenza il candidato premier. Sostegno alla linea intransigente arriva anche da Roberto Fico, presidente della commissione di Vigilanza Rai: «Nonostante io abbia stima dei miei due colleghi Cecconi e Martelli, chi ha sbagliato deve pagare». Sarà il collegio dei probiviri ad avere l'ultima parola sulla sorte di entrambi. Sono tutti e due capilista al proporzionale, e praticamente certi di tornare in parlamento. Se davvero rinunceranno all'elezione, ipotesi non prevista dalla legge, dovranno passare per un voto dell'aula di appartenenza.

Se una parte dei 226mila euro mancanti «derivano dalle mancate restituzioni di due portavoce del Movimento, Martelli e Cecconi», il resto dell'ammanco, spiega un post sul «Blog delle Stelle», «molto probabilmente invece è dovuto a una questione di contabilizzazione: i versamenti effettuati negli ultimi 15-20 giorni che risultano nel nostro sito potrebbero ancora non essere stati contabilizzati nel conto del Ministero, e da ciò risulta la discrepanza». Nel lungo testo di autodifesa, si cerca da un lato di vedere il bicchiere mezzo pieno («abbiamo restituito oltre 23 milioni di euro»), ma dall'altro non si esclude l'esistenza di altri «furbetti», ai quali viene lanciato un avvertimento: «Nel caso ci fosse qualcun altro non ancora in regola ci comporteremo di conseguenza». In attesa del servizio delle Iene sul caso rimborsi, che potrebbe non andare in onda questa sera per motivi di par condicio, i nervi sono a fior di pelle.

11/02/2018